domenica 23 maggio 2010

Recuperare tutti i pensieri avuti durante questa giornata è un lavoro da pescatori provetti. Sarebbe stato meglio fermarsi, tirare il freno a mano, buttare l'ancora e scrivere! e invece... e invece come ai pescatori anche alle mamme, come me, non rimane che la notte per ripescare, dal fondo del loro cuore, il frutto di tanto sentire e ragionare.

E' stata una bellissima, favolosa giornata, pur nella sua normalità, o meglio, nelle sue piccole straordinarietà.

Non l'avrei mai detto, per esempio, ma questa sera mi sono ritrovata a rifare l'orlo dei pantaloni della divisa di Judo di Lele che domani ha una gara. Alle 21 non era possibile recuperare nessuna nonna che facesse il lavoro al posto mio e allora ho infilato l'ago e copiando l'orlo rimasto anora integro dell'altra gamba, mi sono arrangiata.

Bè, potrò pensare che se domani mio figlio tornerà vittorioso un po' sarà anche merito mio, al quale, diversamente da quando ricamo per ornare gli ambienti di casa, ho avuto l'occasione di far percepire la mia vicinanza facendo qualcosa di utile per lui.

Domani, sul "tatami", affronterà la sua sfida, ma questa mattina, intanto, forse per farsi le unghie e i denti, come frequentemente capita, la sfida l'ha lanciata a me.

Cercava di risolvere un problema di matematica in cucina quando mi ha raggiunta in camera dove stavo asciugando i capelli. Anche se non ne era cosciente, cercava modi per mettermi alle strette e costringermi a dirgli quale operazione avrebbe dovuto fare per arrivare alla soluzione, non escluso il pianto.

In tre anni di scuola non è mai successo che mi sia sostituita a lui in qualcosa eppure sempre ci prova "ad indurmi in tentazione", a farmi cedere, piazzare trabocchetti perché io cada nella trappola.

Sono le tipiche situazioni nelle quali dopo un po' mi irrito e tento di sbloccare la cosa alzando il tono della voce e passando alle misure drastiche, ma questa mattina no.

Ho spento il phon, per fargli percepire la mia disposizione ad ascoltarlo, e mentre gli occhi si facevano lucidi e gli angoli della bocca si storcevano, gli ho chiesto di avvicinarsi e gli ho stampato un grosso bacio sulla guancia.

Con tutta calma gli ho proposto di rifare il ragionamento, rileggere la domanda e riguardare i dati. Si è allontanato per poi, dopo pochi istanti, tornare alla carica. "Devo fare il più, il per, il meno, il diviso...", era come tentare di schiacciare bottoni, per vedere quale aprisse la porta giusta, nell'attesa che io facessi un cenno, ma io non ho ceduto. Non ho ceduto alla sua pigrizia e non ho ceduto alla rabbia, tanto più che si trattava di "un film già visto", la difficoltà che manifestava non aveva proprio ragion d'essere. La questione, a quel punto, non era più tra lui e il problema, ma tra lui e me.

Non riuscendo ad ottenere ciò che voleva è esploso in un pianto nervoso e irrefrenabile. Non accettava che io gli proponessi di riporre il quaderno e chiedere alla maestra, che era l'unica persona deputata allo scopo, di chiedere chiarimenti rispetto al passaggio che lo confondeva.

Maurizio, per distrarlo e decongestionare l'ingorgo di emozioni, l'ha portato con sè nel solito giro di commissioni del sabato mattina. Al ritorno, mentre mi godevo un buon bagno caldo con Elisa, c'ha provato ancora una volta a dirmi che proprio non sapeva che operazione dovesse usare.
Poi è sceso, e quando è risalito mi ha fatto un ragionamento senza una sbavatura e.. magia, aveva trovato l'operazione giusta e, ahimé, perso l'intera mattinata.

E' durante questo dibattimento che ha reso movimentata la giornata e provocato davvero un po' di "mal di mare" che mi son imbattuta nelle riflessioni che da un po' di tempo in qua mi accompagnano. Da quando Lele, il nostro primogenito, è nato, diverse volte ho messo il naso in un libro scritto da qualche psico - pedagogista ed ho partecipato a corsi per genitori più o meno validi.

Ho imparato a dire quei "No!" che in pochi sembrano ormai saper dire, a rimaner ferma, a non concedere tutto e sempre, ma questo modo di fare, mi sono resa conto, mi ha portato nel tempo a irrigidirmi, e a rendere non espressivo il rapporto come mio figlio. Quanti abbracci e quanta tenerezza gli ho fatto mancare in questi anni e quante punizioni (niente Judo, niente cartoni, niente computer...) ho dispensato. Nei giorni più neri arrivavo a sera soffrendo per il modo in cui stavo vivendo il rapporto con Lele in particolar modo, perché è quello che più degli altri fa resistenza e ci mette alla prova. Stavo facendo del male a me, e, quel che è peggio, né stavo facendo a lui.

Pur sottoscrivendo che fermezza e coerenza sono strumenti educativi irrinunciabili, sono arrivata a capire che non sono esaustivi. Gesù chiedeva "Se vuoi...", dava opportunità, libertà. L'amore non è e non può essere un'imposizione, mai. L'amore è un dono che vuole un cuore disposto all'accoglienza.

Ecco, io ho fiducia che i miei figli vogliano, che basti mostrar loro il sentiero, ed essere il più possibile testimoni coerenti, perché decidano di mettersi al seguito di chi li ama. I bambini hanno come tutti gli esseri umani sentimenti che devono essere rispettati, e bisogna avere il coraggio di aprire un dialogo con loro, in cui la loro dignità è pari alla nostra.

L'imposizione è la via più breve, ma anche le cose più belle, se passate o buttate addosso per mezzo di un'imposizione, saranno le prime delle quali, una volta liberi e maggiorenni, tenteranno di disfarsi, buttandole a mare.

La persuasione, la dolcezza, il farli sentire amati sono vie ben più impegnative, tanto per la mente, quanto per il cuore,  perché può darsi che le soluzioni non arrivino subito e che prendano decisioni diverse da quelle che al loro posto avresti preso tu.

Ma loro sono loro, e in qualche modo vanno restituiti alla propria libertà. La fermezza è per aiutarli a mettere ordine dove altrimenti sarebbe solo confuzione, e non può essere un impedimento, una serie di dinieghi continui.

E' bello e infinitamente più appagante concedere loro delle opportunità, entusiasmarsi del loro entusiasmo, in un rapporto che lega per senso di appartenenza ma non incatena.

Lo sto imparando ogni giorno di più anch'io, ed è sorprendente sentir rinascere il desiderio di usare solo ed esclusivamente il linguaggio della tenerezza.

La mezzanotte è passata, è già domenica. Meglio augurar la buona notte e avviarsi col riposo verso un nuovo giorno in cui imperi l'amore.

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la mamma

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