lunedì 17 maggio 2010

Finalmente il sole! uscendo in macchina, nel pmeriggio, si vedeva bene all'orizzonte il profilo splendido delle Alpi. Il vento, arrivato all'improvviso, ha contribuito a tener pulita l'aria, il cielo sgombro dalle nubi e a mitigare il caldo.
Volentieri, se fossi stata al mare, non solo figurativamente, come quando m'imbarco con questo vascello, avrei lasciato che i caldi raggi mi raggiungessero e mi scaldassero le ossa.

Il sole, si, il sole, ma la mattinata è iniziata con la luna, quella di Davide che a tutti i costi, nonostante dovessi scendere a preparare il latte a Elisa prima che a ogni altro membro della famiglia, voleva stare in braccio. Continuava a piangere e lagnarsi, mentre mi si appiccicava addosso cercando di indurmi a concedergli ciò che voleva, ma siccome proprio non potevo e non volevo darla vinta alla sua pigrizia, me lo trascinavo dietro, avvinghiato alla gamba muovendomi per casa.

L'ho lasciato in bagno al piano inferiore davanti al water, con l'invito deciso a fare pipì per non bagnarsi e ho raggiunto la dispensa per recuperare un bottiglia di acqua per il latte della piccola. Poi è sceso Maurizio e pian piano tutto è tornato ad un livello più accettabile.

Solita routine e poi, quando mancavano dieci minuti alle dieci, (non si riesce ad uscire in anticipo neanche svegliandosi alle 7.30!), siamo usciti incamminandoci a piedi verso la chiesa per la celebrazione della Messa domenicale.

Andando a Messa...
Abbattimento delle barriere architettoniche in città!

Nel tragitto, e poi ancora in chiesa, a lungo mi sono ritrovata a pensare alle parole pronunciate da mio figlio Emanuele prima di uscire. Sono le parole che restano, come macigni, non perché gravi, ma perché difficilmente se ne andranno via da te. Sono le parole che, durante il ritiro delle famiglie per la preparazione alla Pasqua, anche Maurizio ed io siamo stati invitati a ripescare dalla memoria. In quel frangente, nonostante gli sforzi, e la mia buona capacità a trattenere nel tempo i ricordi, nonostante le incursioni successive nel nostro passato, la pesca si è dimostrata vana.
Poi stasera, leggendo Famiglia Cristiana, e ripensando alla mattinata, a cosa lasciare nelle pagine di questo diario, mi sono tornate alla mente ma, andiamo con ordine.

Stavo esortando Emanuele ha tenere ben chiuso in tasca il giochino che aveva deciso di portare con sé, per evitare distrazioni, e voltandosi mia ha risposto: "Cosa credi, mi piace andare alla Messa!". Sorprendendomi di me stessa, forse per il tono che ha usato, il modo in cui l'ha detto, ho sentito che non stava mentendo, non lo stava dicendo solo per tranquillizzarmi o farmi tacere. Stava dicendo la verità.
Noi adulti, io, pretendo che la modalità adottata da mio figlio per essere attento e partecipe sia il più possibile prossima alla mia, che è silenzioso ascolto, ma lui non è così. Lui è attento quando sembra distratto ed  io, ancora un volta, devo imparare a fidarmi, e ad amarlo.
In ogni modo, quel: "Mi piace andare alla Messa", mi è rimasto dentro, perché vuol dire che durante la celebrazione lui c'è! Ho vissuto, credo, una rivelazione, davanti alla quale taci, ammiri, contempli, ringrazi, perché capisci che tu non hai meriti, ma che semplicemente ti è concesso di vedere l'opera delle mani di Dio che ti precede e ti supera.

Ed è così, c'è stata una parola anche per noi, per Maurizio e me, alla vigilia del nostro matrimonio. Ben due persone, nostre conoscenti, mi hanno detto, e indirettamente, ci hanno detto (perché diventate oggetto del nostro dialogo di coppia) "Vedrai, dopo sarà meglio, sarà più bello!". Ed è vero. E' vero che dopo è stato meglio, è stato ed è più bello, ma è anche vero che quelle parole, ogni tanto, come sottolineava il sacerdote venuto per guidare la meditazione, ex missionario, stimatissimo da molti, spesso ritornano e guidano e rimettono nella prospettiva giusta.

Tutto ciò mi riporta al quotidiano, nella sua ferialità e nella sua profondità. Per una serie di eventi Maurizio ed io ci siamo ritrovati quasi, a pranzo, a fare "gli sposini". Quasi, perché mentre Davide e Lele sono rimasti fuori a pranzo, rispettivamente dalla nonna e da un amico, Elisa è rimasta a casa con noi.

"Strano - commentavo a tavola con mio marito - mangiare e non avere i bambini attorno". E' stata una cartina di tornasole, la possibilità concreta di verificare la nostra capacità di godere della reciproca compagnia, anche in assenza del "rumoreggiare" dei nostri figli. Avremmo potuto sentirci vuoti, privi di parole da rivolgerci, e invece... siamo usciti vincitori. A tavola, complice la tranquillità, si è parlato, mettendo per esempio in comune ciò di cui siamo venuti a conoscenza trattenendoci, dopo Messa, con gli amici.

La nostra tensione reciproca, il desiderio di cercarci quando non siamo fisicamente vicini, la voglia di ritrovarci, di stare ed essere insieme, dopo dieci anni e mezzo dal nostro matrimonio e sedici dall'inizio del nostro cammino comune non si sono ancora sopite, raffreddate.

Spero e prego che grazie all'ingrediente irrinunciabile, fondamentale, imprescindibile del dialogo sincero, aperto, e totale, perché comprensivo di tutto ciò che sta fuori e dentro di noi, questo desiderio venga costantemente alimentato. Il resto è grazia...

C'è un'ultima cosa che non voglio dimenticare: arrivando all'oratorio e ritrovando Emanuele, l'ho salutato con un abbraccio, un sorriso e un bacio ed è stata bella la spontaneità con cui l'ho fatto. Mi sarebbe bastato questo, ma dopo qualche attimo, quando già mi ero seduta, Lele mi è tornato vicino e con altrettanta spontaneità mi ha dato un bacio sulla guancia.

Dando la buona notte ad ogni componente della sua famiglia poi, si è avvicinato a Davide, già addormentato sul divano, e ha dato un bacio anche a lui.

Anch'io dò la buona notte a tutti coloro che hanno deciso, almeno per un po', di salire sul nostro vascello, augurando a tutti di venir traghettati all'imbarco di un'altra settimana di navigazione con uno sguardo nuovo, purificato dall'amore.

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la mamma

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