venerdì 30 aprile 2010

E’ veramente tardi, già da un po’ sento il desiderio di un buon sonno ristoratore, ma non voglio rinunciare a scrivere questa seconda pagina del diario di bordo della nostra famiglia.
Un fine giornata burrascoso, con qualche onda che davvero ha rischiato di rovesciare il vascello.
Negli ultimi mesi sto partecipando a un corso di formazione per genitori che tiene conto anche del risvolto di educazione alla fede, e l’ultimo appuntamento aveva per tema la gelosia.
Mi sono messa sotto esame. A volte sento in me una stanchezza che oscura quasi la gioia dell’essere diventati man mano famiglia. Eppure, dicevo a me stessa accompagnando il mio secondo alla scuola materna, se sento che i miei figli non sono la mia riserva di energia, ma la causa del suo esaurimento, significa che non li sto amando veramente, non fino in fondo, non come meritano.
Significa che in fondo, nonostante tutti gli sforzi per combattere la pigrizia, in me alberga ancora parecchio egoismo o, parecchia inettitudine.
E allora, dosi massicce di preghiera, che dovrebbe essere meditazione profonda della Parola ma non lo è ancora, e una decisa inversione di rotta.
Mi blocco, quando capisco che un abbraccio prolungato arriverebbe molto più in profondità di una sgridata.
Questa sera preparavo la cena lasciando aperta la porta sul cortile da dove mi arrivava la voce del più grande che esplodeva di rabbia nei confronti del fratello più piccolo perché non rispettava le regole per tirare quattro calci a un pallone per giunta bucato. Lacrime del più piccolo che cinto dalle braccia del più grande viene depositato dentro casa con la richiesta di tenerlo lì.
E io in silenzio, per riuscire almeno a trattenermi dall’aggiungere il mio nervosismo a quello già accentuato di mio figlio.
Perché tanta stizza? Perché tanta acidità? E se dall’altra parte del cortile ci fosse stato un suo pari? Il gioco sarebbe proseguito con allegria?
Ripenso al racconto di una delle mamme durante il corso che abbraccia il figlio maggiore per placare un litigio. E io? Io riuscivo solo ad arrivare alla correzione stretta. “Non trattare tuo fratello a quel modo”, mi sarebbe venuto da dire, magari alzando un po’ la voce.
Il più piccolo rientra nei ranghi e il gioco riprende con maggior rispetto delle regole… nessun intervento da parte mia. Quando mio marito rientra dal lavoro trova una situazione tutto sommato serena. La piccola nel passeggino guarda i fratelli ed io continuo a predisporre il polpo con le patate nella marmitta perché la mia intenzione di farne dono ai miei suoceri potesse concretizzarsi.
Tutto il pomeriggio, per non dire tutto il giorno, a pensare a uno stratagemma per permettere al più grande di andare solo a far spesa col papà, e lì per lì, quando penso di averla trovata, sobbarcandomi l’onere di reggere i 15 kg. Del secondo che vuole imparare ad andare senza rotelle, mi trovo a dover fronteggiare e dirimere questa questione.
Marito e primogenito se ne vanno alla volta del centro commerciale, mentre io, interrompendo la preparazione della cena, trascorro un piacevolissimo momento di gioco con l’altro che rimane.
Giocando, invito il mezzano al rispetto delle regole e durante la cena giusto un cenno per rimarcare che se l’intento era buono, il modo è stato assolutamente sbagliato.
E’ sempre il gioco, la bici da tenere in equilibrio, a suggerirmi una via d’uscita… la fiducia. Ho fiducia nei miei figli? Come quando al ritorno da un’uscita rimbalzano a destra e a sinistra sul marciapiede nell’attesa che io apra il cancello. Si fermeranno senza andare oltre? Posso arrischiarmi a consentirlo loro? Oggi l’ho fatto ed è andata bene. Bene, devo imparare ad averne, credere in loro, nella possibilità che diventino sempre più delle belle persone. Devo, leggevo da uno stralcio d’articolo dei coniugi Zattoni Gillini, aver fiducia nel limite.
Perché? Perché non si contempla mai questa possibilità? Sempre a parar colpi quando basterebbe avere fiducia!
Stasera, per la buona notte, ho abbracciato il mio primogenito, chiedendo scusa per l’arrabbiatura scaturita dall’aver notato la sua ancora acerba capacità di organizzare il lavoro scolastico con la promessa di un mio impegno di aiutarlo a imparare e…. un “Ti voglio bene”.
Più amo e più avrò amore da dare e io amo, si, io amo la mia splendida famiglia.

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la mamma

giovedì 29 aprile 2010

Finalmente un diario di bordo. Da un po’ quest’idea mi gironzolava per la testa ed ora, con un colpo di reni violento dato alla mia stanchezza, quasi cronica in questo periodo, sono qui per realizzarla.Mi sento bene come se quest’idea fosse una profonda ispirazione dello Spirito, suo il vento che gonfia le vele di questo vascello, il vascello della mia splendida famiglia, sue le parole dettate al mio cuore perché qualcosa rimanga.

… e come è cambiata la mia vita, come sta cambiando la vita di tutti noi! Oggi leggevo su una rivista mensile, “Noi Genitori e Figli”, del frustrato desiderio di maternità e paternità degli italiani, che vorrebbero più di un figlio, e che con rammarico si fermano a uno o due, per mancanza di risorse a volte umane a volte materiali.

E io? Mi chiedevo. Che fine a fatto il mio rapporto con i desideri del mio cuore? Esistono ancora in me dei desideri? Quali? Che forza hanno?

Mi sono fermata, tra le voci dei bambini, i miei figli, che si rincorrevano nel cortile della nonna materna giocando a nascondino, e, come ero solita fare un tempo, mi sono guardata dentro e ho visto. Ho visto qualcosa di assolutamente inaspettato.

Neanche le briciole sono rimaste dei miei desideri di un tempo, quelli di quando non ero madre, non ero moglie. Io desidero essere madre, lo sento. Il mio desiderio di maternità però, non è nato, prima dei miei figli, è nato con i miei figli. Il mio desiderio di famiglia nasce e si chiarisce e prende forza nel frattempo che con mio marito costruiamo la nostra famiglia.

Proverò a raccontarla, questa famiglia, e servirà a me, prima ancora che a coloro che leggeranno, forse, questi scritti.

Buona navigazione, lo Spirito del Padre possa essere sempre la nostra luminosa stella polare.

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la mamma