lunedì 17 gennaio 2011

Bambini a casa. La bellezza oggi ha sposato madama la fatica.

Ho indugiato un po' più del solito nel letto questa mattina, ma l'idea di dover comunque tener sotto controllo l'ora per non oltrepassare i limiti e non lasciar passare invano la giornata, non mi ha permesso di rilassarmi più di tanto. Quando anche Maurizio è a casa davvero è un'altra cosa!

Ho lasciato che i bambini finissero la loro colazione e poi ho proposto loro un giro in chiesa, dove sicuramente sarebbe stata celebrata la messa per il Santo Patrono. Che senso avrebbe avuto, altrimenti, rimanere a casa di lunedì?

Davide si è mostrato inizialmente titubante, ma poi ha accettato. Il mio spirito era davvero buono e riuscivo a reggere le loro scaramucce. Vestendosi, dopo numerosi richiami, nonostante non volessi essere oppressiva, già Toby li stava mettendo uno contro l'altro.

Fatico a capire come Emanuele possa essere interessato ad avere quel giocattolo tutto per sé qualche momento. A nove anni dovrebbe essere normalmente del tutto disinteressato ad un mostro di plastica, e invece davanti ai miei occhi veniva messa in scena la stessa tragedia del giorno precedente.

Per farla breve ancora una volta mi veniva chiesto di guardare come dall'alto i miei figli, tenendo conto dei sentimenti di tutti e delle età di ciascuno.

Siamo stati in chiesa giusto per la conclusione della celebrazione. Abbiamo acceso una candela e detto una preghiera davanti alla statua e ai bambini è stata offerta una caramella. Fuori l'aria era umida e fredda e c'è voluta tutta la voglia di non trattenerli in casa fino a sera per trovare la forza di uscire.

Al ritorno coi piccoli son salita a fare i letti e abbiamo lasciato a Lele la tranquillità della cucina perché finisse i suoi compiti.

Mentre preparavo il pranzo, ed Elisa piagnucolava ormai stanca e ripetevo ai bambini di liberare il tavolo (si erano messi a trafficare con un puzzle) ed apparecchiare, pensavo a quanto in realtà, nonostante le pagine di giornale che riempio sera sopo sera, io mi senta fragile, a volte incapace di sostenere la maternità.

Nella testa continuo a produrre film che quasi mai corrispondono alla realtà che poi vivo.

Nel pomeriggio, in seguito a un'idea avuta giorni fa, e approfittando di questa giornata, ho sistemato un armadietto della cucina dove tengo i vasetti dei legumi con Davide. Il mio obiettivo era farglieli conoscere e invitarlo a mangiarli. Questa attenzione a lui però, che doveva essere piacevole, godibile, mi ha richiesto nel contempo di controllare i movimenti della piccola che metteva le mani dove non avrebbe dovuto e provare le pagine di scienza di ripasso a Emanuele.

Sono spesso divisa, frammentata tra questo, quello e le faccende.

Non so come, mentre dopo cena lavavo i piatti insieme a Davide, che è tornato a offrirsi, Emanuele mi ha chiesto quale fosse, tra le attività casalinghe la mia preferita. Gli ho risposto che cucinare, quando riesco a farlo con calma, mi dà una gran soddisfazione e che la cosa che mi pesa di più è non aver tempo per far tutto ciò che dovrei. Gli ho confidato che ogni giorno mi alzo e cerco di impegnarmi, di mettere tutta la mia buona volontà, di non impigrirmi, di non far mancare a loro (papà compreso) la mia attenzione, ma che non arrivo mai a fine giornata avendo fatto tutto.

Mentre Davide mi diceva: "Ci vuole un altro casalingo", Lele osservava che io però avevo tre figli e noi eravamo in cinque e quindi, ero giustificata.

Così si è chiusa un'altra giornata. Per cena c'era un buonissimo pasticcio di patate, che nelle intenzioni avremmo dovuto preparare insieme, ma che, avendo proposto ai bambini di guardare un cartone mentre bevevo il mio té per sedare l'ennesima lite e concedere alla mia mente una tregua, ho finito per preparare da sola.

In un paio di occasioni mi son sentita riempire dell'amore del mio Dio da ridonare ai miei figli, che tanto me ne stavano chiedendo e allo stesso tempo offrendo, ed è successo proprio nei due momenti in cui ho sentito di aver raggiunto il mio limite umano.

E così, si rema, si naviga, si veleggia. A volte mi sembra di non essere una mamma abbastanza amorevole, tenera, comprensiva, propositiva, coinvolgente, paziente e mi chiedo, come mi son chiesta oggi trafficando davanti al lavandino, perché non basta essere ciò che sono.

Perché non basta urlare che stiano zitti quando ne ho abbastanza delle loro liti o delle loro sfrenatezze? che spariscano in qualche angolo della casa quando sono presa da altre occupazioni o semplicemente vorrei un po' di tempo per me?

Perché so che li amo e ce ne vuole per dissodare le zolle aride del mio cuore e renderle fertili, o meglio, feconde d'amore.

Benedetta fatica e benedetto Dio che mi ha reso madre e mi riempie, dopo ogni faticoso giorno, di gioioso amore!

Buona notte naviganti.

---
la mamma

Nessun commento: