Finalmente, per la gioia dei bambini e nostra nel tardo pomeriggio in casa A. abbiamo fatto il nostro personalissimo albero di Natale.
Il problema è sempre quello, anno dopo anno: le palline di vetro colorato, tenero e prezioso ricordo dei Natali della mia infanzia, che mia mamma mi ha tramandato allorché mi sono sposata.
E' inevitabile che, nel tentativo di fissarle ai rami del suggestivo abete senza farsele scivolare dalle mani, qualcuna cada irrimediabilmente in frantumi. Una bimba di un anno che gattona in giro per casa, curiosa di esplorare qualsiasi cosa alla sua portata, afferrare, lanciare e battere è un aggravante in più e un bel rischio per la sua e la nostra incolumità.
Quindi, nonostante il rammarico, per la prima volta in undici anni, la scatola con le palline di vetro è tornata sulla mensola del box senza essere stata svuotata del suo prezioso contenuto.
Sembrava proprio spoglio così, il nostro albero. Solo qualche pallina di volgare plastica (argento, blu e oro), quattro oggettini in pasta di sale salvati dall'estate (molti si sono rotti!), delle bamboline all'uncinetto, ma alla fine, anche alla prova delle luci a intermittenza, erano troppi i vuoti.
Così Emanuele ha avuto un'idea a dir poco grandiosa, in perfetto stile con la linea educativa fin qui tenuta in particolar modo con lui. Ha unito creatività, materiali di riciclo, economicità e ne è uscito un gran fiocco con un nastro di raso rosso dal bordo alto. Sono i nastri che vengono usati, in qualche negozio, per impreziosire i pacchetti regalo e che io conservo nell'ultimo scomparto del mio cestino da lavoro o nella borsa dove teniamo anche le carte regalo ancora riciclabili.
Li ho radunati tutti e con quei pochi, voluminosi nastri abbiamo riempito i vuoti. Sono dei colori e delle dimensioni più diversi, alcuni addirittura con tanto di scritta pubblicitaria, ma, a mio parere, danno l'idea di un volo di farfalle. Fanno festa!
Due giri di boa finali, candeline rosse e... voilà, il nostro albero fa ora bella mostra di sé nell'angolo della nostra sala.
Oggi si... l'amore che circolava tra noi realizzando l'opera, che non ha nulla a che spartire con le opere artistiche, e che non dimostra neanche un gran senso estetico, ma è nostra, e ci rappresenta, sento che ha finalmente il profumo di un nuovo inizio.
Mi sta proprio facendo riflettere l'esperienza di quella ragazza di cui sto leggendo la storia. Quella diciottenne la cui mamma non ha fequentato incontri formativi con tanto di psicologa (ai quali è comunque bene partecipare). Quella mamma ha tracciato una linea educativa per la sua bimba semplicemente seguendo il Vangelo e trasmettendoglielo, narrandoglielo, proprio come si narrano le fiabe di Andersen o dei Grimm.
Qualche volta anch'io ho sfruttato il Vangelo o la vita dei santi nel tentativo di sciogliere alcuni nodi ma, mi rendo conto che il Vangelo nella nostra famiglia deve ancor più diventare pane quotidiano.
Che si ascolti una psicologa di quelle serie ad un incontro, o si legga il Vangelo, si arriva sempre alla stessa conclusione, non c'è scampo: i bambini vanno amati. In ogni loro momento, in ogni spropositata manifestazione di un'emozione, in ogni capriccio o ostinazione, o ritardo o corsa sfrenata, i bambini (e con loro gli adulti, e qualsiasi categoria di persone) vanno amati.
Proprio stasera ho avuto una bella occasione. Lele vantava il fatto che la sua classe, nell'iniziativa benefica natalizia della scuola, aveva raccolto più di tutti gli altri. Ho lodato la generosità sua e dei compagni, e allo stesso tempo, per invitarlo a non giudicare le scelte e il cuore degli altri, ho raccontato il passo in cui Gesù guarda i ricchi del tempo gettare nel tesoro del tempio laute offerte e poi una povera donna, che getta appena una monetina. Proprio lei dà più di tutti gli altri perché da tutto ciò che aveva per vivere.
Naturalmente da Lele, che si guarda bene dall'accusare il colpo, per rigettarti piuttosto addosso la patata bollente, non ci si poteva aspettare un semplice: "Ho capito mamma", che difatti non è arrivato.
Ora però ho una scia da seguire. So che il mio amore deve diventare più forte della sua ostinazione e con S. Paolo dico: "Senza la carità sono cembalo che non tintinna!". Tradotto significa che senza l'amore non si è in grado di trasmettere nulla.
E' un passo, quello citato, della lettera ai Romani spesso letto ai matrimoni (e il nostro non ha fatto eccezione), conosciuto come inno alla carità. Un'amica mi raccontava che è stato letto proprio sabato, al matrimonio della figlia di quell'altra amica, e mi diceva che il nostro parroco, commentandolo, ha fatto notare come per gli sposi, e per i cristiani tutti, quel brano rappresenta un perenne esame di coscienza.
Così ci ho ripensato ed è vero, anche quel brano è una scia da seguire e stasera, pensando a cosa scrivere sul giornale, tutti i pensieri avuti si sono collegati trovando una loro collocazione. E' sempre come unire con linee immaginarie le stelle di una costellazione e vedere che disegno ne esce.
Così naviganti... so dove andare.
Meditate, meditate. Buona notte e... buona festa dell'Immacolata.
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la mamma
mercoledì 8 dicembre 2010
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