sabato 26 febbraio 2011

Sembra quasi irreale la pace che a quest'ora già è calata sulla nostra casa. La televisione è spenta e mio marito, spossato forse come me dall'imminente arrivo della primavera, non riuscendo a tenere gli occhi aperti, dorme sul divano accanto a me.

Anche venerdì, Elisa ed io, tornando da una visita al cimitero, ci siam sedute un quarto d'ora sul divano ad ascoltare quattro canzoncine per riprenderci. Fuori il sole era invitante, ma l'aria era ancora fredda e già sulla via del ritorno, dopo la lunga passeggiata, sentivamo le mani insopportabilmente gelate. Io, per solidarietà con mia figlia, non ho voluto indossare i guanti pur avendoli con me e dopo un po', con giusta ragione, lei s'è messa a piangere.

Per tutta la giornata, anzi, già dalla sera prima, questa strana spossatezza mi ha accompagnata e più volte son stata tentata di recarmi all'erboristeria per acquistare qualche prodotto energetico. Oggi però è andata meglio.

Il sole ci ha concesso una minor intensità di luce e già si lasciava oscurare dal grigiore delle nuvole che si prevede portino pioggia nel fine settimana.

La navigazione sembrava procedere tranquilla. Come ogni sabato abbiam fatto colazione più tardi con tutta calma. Lele, sveglio prima di noi, ha giocato per un po' con la sorellina facendola ridere e anche Davide, svegliato da un'urgenza fisiologica, s'è presto aggiunto alla combriccola.

Cercava qualcuno con cui poter giocare, ma ognuno di noi aveva già altro in mente. Lavare le tazze e poi i capelli io (non potendo farlo al pomeriggio per un invito ad un compleanno), uscire per le commissioni Maurizio e studiare Lele.

Alla fine ha sfogliato un po' da solo i suoi disegni dietro una barricata costruita avendo la libreria a sinistra e una poltroncina di gommapiuma capovolta a destra, optando di lì a breve per un cartone.

Tutto insomma filava secondo copione o quasi, finché nel pomeriggio non è scoppiata l'ennesima violenta litigata fra maschi nella vasca da bagno. Davide inisteva per cambiare posto e Lele non voleva cedere finché non è esplosa la rabbia.

Mentre la lite infuriava con il più piccolo in lacrime e il più grande che sputava fuoco da orecchi, naso e bocca, ho provveduto con tutta la dolcezza di cui sono stata capace a lavare loro i capelli senza intervenire.

Per una volta ho provato a non reprimere un emozione, a lasciare che venisse sfogata finché si è trasformata in un pianto nervoso del più grande.

Davide già piangeva, mentre Lele insisteva nel chiedergli ragione del suo pianto con modi sempre più bruschi e voce sempre più alterata e più lui urlava, più Davide piangeva.

Son riuscita a tirarlo fuori dalla vasca, asciugarlo, tagliargli le unghie, mentre Lele, ancora dentro all'acqua, continuava a lanciare le sue invettive.

Nel frattempo è salito Maurizio che ha preso in consegna il maggiore, mentre io asciugavo i capelli al fratello che aveva trovato modo di calmarsi. Spento il phon, in camera mia sola con lui, gli ho chiesto di provare a dare a me una risposta alla domanda insistente e rabbiosa di Emanuele. "Perché piangi se hai ottenuto quello che volevi?".

E lui mi ha risposto, come già sospettavo: "Perché mi ha trattato male". Non volevo essere io a spiegare a Emanuele le emozioni provate da Davide in quel frangente, lui doveva cercare di dare loro un nome e poi comunicarle al fratello. Subito dopo, infatti, insieme siamo tornati in camera loro, dove Lele tra le lacrime si stava rivestendo, ed ha ottenuto la sua risposta. Ciò nonostante ha continuato a montare giustificazioni che dimostrassero la sua ragione e il torto altrui.

Aiutando Davide a riconoscere la sua emozione e a comunicarla al fratello, senza sostituirmi, avevo fatto solo metà del lavoro, ma dovevamo uscire e non avevamo tempo.

In quel momento è pure squillato il mio cellulare. Era una cugina che vive lontano alla quale sono molto legata, e che vive un periodo "non buono", per usare un eufemismo, della sua vita. Mi ero proposta di dedicarle attenzione in qualsiasi momento mi avesse chiamata e così ho fatto.

E' stata una delle occasioni di far delle bene che ci si sono presentate oggi.

In tutto questo anche le mie emozioni di mamma, che fatica ad accettare ed amare gli aspetti pià impervi del carattere di uno dei suoi figli, sono state coinvolte e chiamate in causa, ma... le ho messe sottovuoto e mi son presa tempo per riflettere.

Mi dava una sensazione non buona vedere Emanuele, di fronte ad un evidente disagio e difficoltà del fratello, accanirsi ancora di più invece di placarsi e lasciar perdere.

Nella mia testa e nel mio cuore frullava questa domanda: "Perché non è capace di pietà?".

Il discorso è stato poi ripreso stasera. Davide già dormiva e lui è salito per lavarsi i denti e mettersi a sua volta sotto le coperte. Elisa ed io avevamo appena finito di fare il bagno.

Ci aspettava il momento della preghiera, ma come mettersi in comunione con Dio senza prima aver rasserenato il cuore?

Per esperienza so che i regionamenti con lui non portano a nulla, ma ho voluto comunque provare. Ho ripreso col lavoro di riconoscimento delle proprie emozioni, cercando di esaltare le positività e di far intravedere alternative possibili. Dopo quindici, venti minuti di dialogo non ho visto l'ombra di un ripensamento. Emanuele non cede, non cede, non cede!

Abbiamo raggiunto una sorta di rappacificazione sommaria, ma non ero (e non sono) arrivata ad un vero cambiamento della coscienza, per cui non potevo dire che era tutto a posto. Elisa, che ha voluto rimanere tra le mie braccia invece che affidarsi come ogni sera a papà, faticava a prender sonno, e Lele attendeva che gli leggessi una parte del libro.

Mi sono spostata in camera della piccola in cerca di una maggior tranquillità e in pochi attimi si è addormentata, cullata forse dalla mia mente che recitava Ave Maria in cerca di consiglio e, nella preghiera, un consiglio l'ho trovato.

Non potevo essere, o comportarmi, come una tecnica del mestiere, un psicologa. Dovevo essere teneramente una mamma. Mi è tornato alla mente il salmo 8 in cui, riferendosi al Creatore, si legge: "... con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la Tua potenza contro nemici e avversari...".

Dovevo essere disarmante, e l'unica arma di fronte all'ostinazione è la dolcezza. Adagiata Elisa nel lettino ho attraversato di nuovo il pianerottolo delle scale per accedere alla camera dei bambini, dove ho trovato Lele ancora sveglio e in attesa.

Volentieri mi sono seduta accanto a lui e gli ho letto il libro e, accettando un po' di fatica in più nella lettura perché la posizione mi impediva una corretta illuminazione, mentre leggevo gli ho accarezzato le guange come solo una mamma sa fare.

E' un tentativo di seguire le ispirazioni che mi vengono dallo Spirito e, in fin dei conti, sono solo una mamma.

Buona notte, naviganti, e in assoluto sia una buona Domenica.

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la mamma

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